Buondì, vi sono mancata ieri? Ahahhaha :p Primo giorno di febbraio e secondo appuntamento con la rubrica Assaggi di lettura. Ideata per i lettori, per permettere a tutti coloro che passano di qui di farsi un'idea sul romanzo che ho scelto per la rubrica del giorno. Dopo vari ripensamenti e ragionamenti ho deciso di inserire il primo capitolo di libro che leggerò a giorni, che mi è stato molto consigliato. Cinder, cronache lunari di Marissa Meyer. Primo volume della serie "The Lunar Chronicles".
IL LIBRO
Titolo: Cinder, cronache lunari
Autore: Marissa Mayer
Editore: Mondadori
Cinder è abituata alle occhiate sprezzanti che la sua matrigna e la gente riservano ai cyborg come lei, e non importa quanto sia brava come meccanico al mercato settimanale di Nuova Pechino o quanto cerchi di adeguarsi alle regole. Proprio per questo lo sguardo attento del Principe Kai, il primo sguardo gentile e senza accuse, la getta nello sconcerto. Può un cyborg innamorarsi di un principe? E se Kai sapesse cosa Cinder è veramente, le dedicherebbe ancora tante attenzioni? Il destino dei due si intreccerà fin troppo presto con i piani della splendida e malvagia Regina della Luna, in una corsa per salvare il mondo dall'orribile epidemia che lo devasta. Cinder, Cenerentola del futuro, sarà combattuta tra il desiderio per una storia impossibile e la necessità di conquistare una vita migliore. Fino a un'inevitabile quanto dolorosa resa dei conti con il proprio oscuro passato.
BREVE ESTRATTO
CAPITOLO 1
La vite nella caviglia di Cinder era arrugginita, la testina con l’incisione a stella ridotta a un cerchio
smussato. Le nocche le dolevano per lo sforzo di infilare il cacciavite nel giunto per allentare la vite, un
giro alla volta. Quando finalmente fu abbastanza allentata perché lei la potesse sfilare con uno strattone
della sua mano d’acciaio, i fili lungo l’attaccatura si erano già strappati di netto.
Lanciando il cacciavite sul tavolo, Cinder afferrò il tallone e sfilò il piede dal suo alloggio. Una scintilla
le bruciò la punta delle dita e lei mollò la presa di scatto, lasciando penzolare il piede da un groviglio di
fili rossi e gialli.
Si abbandonò all’indietro con un gemito di sollievo. All’estremità di quei cavi aleggiava un senso di
liberazione: libertà. Aveva passato quattro anni a detestare quel piede troppo piccolo, perciò giurò che
non si sarebbe mai rimontata addosso quel rottame. Sperava solo che Iko fosse presto di ritorno con un
pezzo di ricambio.
Cinder era l’unico meccanico a tempo pieno al mercato settimanale di Nuova Pechino. Senza insegna,
la sua bancarella era identificabile solo grazie agli scaffali pieni di pezzi di androide, che ricoprivano le
pareti. Era incastrata in un angolino ombroso, tra un rivenditore di mediaschermi e un mercante di seta,
entrambi i quali si lamentavano spesso dell’odore penetrante di metallo e grasso proveniente dalla
bancarella di Cinder, benché per la maggior parte del tempo fosse coperto dall’aroma delle focaccine al
miele della panetteria dall’altra parte della piazza. Cinder sapeva che, in realtà, semplicemente non
amavano avere lei come vicina.
Una tovaglia macchiata d’olio divideva Cinder dai curiosi di passaggio. La piazza era animata da
compratori e venditori ambulanti, bambini e chiasso. Le grida degli uomini che negoziavano con i
commessi robot, cercando di ottenere il profitto desiderato. Il ronzio degli scanner identificativi e le
monotone ricevute vocali che accompagnavano i trasferimenti di denaro. I mediaschermi che
ricoprivano ogni edificio e riempivano l’aria del chiacchiericcio della pubblicità, delle notizie, del gossip.
L’interfaccia uditiva di Cinder mitigava il frastuono trasformandolo in una nenia, ma quel giorno c’era
una melodia che lei non riusciva a escludere e che sovrastava il resto. Proprio davanti alla sua bancarella,
dei bambini in cerchio canticchiavano – “Casca il mondo, casca la Terra, tutti giù per terra” – e poi si
gettavano a terra insieme, ridendo come pazzi.
Un sorriso increspò le labbra di Cinder. Non tanto per la filastrocca, una canzoncina fantasma che
parlava di catastrofi e morte, tornata in voga il decennio precedente. La canzone in sé le dava la nausea.
Invece si gustava le occhiatacce dei passanti ogni volta che i bambini cadevano sulla loro traiettoria,
ridacchiando. Il disturbo di dover girare intorno a quei corpi aggrovigliati faceva brontolare i clienti e
Cinder adorava i bambini per quello.
— Sunto! Sunto!
Il sorriso di Cinder si spense. Notò Chang Sacha, la panettiera, farsi largo tra la folla nel suo
grembiule ricoperto di farina. — Sunto, vieni qui! Ti ho detto di non giocare così vicino…
Sacha incontrò lo sguardo di Cinder, serrò le labbra, poi afferrò il figlio per un braccio e si allontanò.
Il bambino piagnucolò, puntando i piedi mentre Sacha gli ordinava di rimanere vicino alla loro
bancarella. Cinder fece una smorfia. I bambini rimasti si dispersero tra la folla, portandosi via le loro
risate argentine.
— Non è che i fili siano contagiosi — mormorò Cinder rivolta alla sua bancarella vuota. Con un
movimento che le fece scrocchiare la schiena, si passò le dita sporche tra i capelli, raccogliendoli in una
coda disordinata, quindi afferrò i guanti da lavoro anneriti. Si coprì per prima la mano d’acciaio e,
nonostante il suo palmo destro avesse immediatamente iniziato a sudare nella stoffa spessa, si sentì
molto più a proprio agio con i guanti che nascondevano la placcatura della mano sinistra. Stirò le dita,
massaggiando il crampo che le era venuto alla base carnosa del pollice per aver stretto il cacciavite, e
tornò a osservare la piazza. Notò diversi androidi tozzi e bianchi tra la folla, ma nessuno di loro era Iko.
Sospirando, Cinder si chinò sulla cassetta degli attrezzi, sotto il bancone. Dopo aver frugato nel
mucchio disordinato di cacciaviti e chiavi inglesi, ne emerse con un morsetto che era sepolto là sotto
chissà da quanto tempo. Uno per uno, staccò i cavi che ancora collegavano il piede alla sua caviglia, tra
le scintille. Non poteva avvertirlo attraverso i guanti, ma il suo display oculare la informò, tramite un
testo rosso lampeggiante, che stava perdendo la connessione con l’arto.
Uno strattone all’ultimo cavo e il piede cadde con un tonfo sul cemento.
La differenza fu immediatamente percepibile. Per una volta nella vita si sentì… priva di peso.
Fece spazio sul bancone al piede scartato, posizionandolo come una reliquia tra le chiavi inglesi e i
bulloni, prima di piegarsi di nuovo sulla sua caviglia e ripulire l’alloggio sudicio con un vecchio straccio.
THUD.
Cinder sobbalzò, picchiando la testa contro il tavolo. Si allontanò dal bancone, mentre il suo sguardo
corrucciato si posava prima sull’androide inanimato appoggiato sul tavolo da lavoro e poi sull’uomo
subito dietro. Si trovò davanti agli sbalorditi occhi color rame e ai capelli neri che si arricciavano sulle
orecchie e alle labbra che ogni ragazza nel Paese aveva ammirato migliaia di volte.
Il suo cipiglio svanì.
La sorpresa del nuovo arrivato durò poco, confondendosi con delle scuse. — Mi dispiace — disse. —
Non mi ero accorto che ci fosse qualcuno là dietro.
Cinder lo sentì a malapena, al di là del vuoto che improvvisamente le si era formato in testa. Mentre il
battito cardiaco le aumentava, il suo display oculare scansionava i lineamenti di lui, così familiari dopo
anni passati a guardarlo sul mediaschermo. Dal vivo sembrava più alto e la felpa grigia col cappuccio
che indossava non assomigliava a nessuno degli abiti regali in cui di solito appariva, ma ugualmente lo
scanner di Cinder ci mise solo 2,6 secondi per misurare i parametri del suo volto e collegare l’immagine
al database di rete. Un altro secondo e il display la informò di ciò che lei già sapeva, i dettagli
scarabocchiati sulla sua visione periferica in un flusso di testo verde:
PRINCIPE KAITO, PRINCIPE EREDITARIO
DEL COMMONWEALTH ORIENTALE
ID 0082719057
NATO IL 7 APR 108 T.E.
88.987 PRESENZE SUI MEDIA, CRONOLOGIA INVERSA
PUBBLICATO IL 14 AGO 126 T.E.: UNA CONFERENZA STAMPA SARÀ
INDETTA DAL PRINCIPE KAI IL 15 AGO
PER DISCUTERE L’ANDAMENTO
DELLA RICERCA SULLA LETUMOSI
E I POSSIBILI VANTAGGI DI UN ANTIDOTO
Cinder balzò in piedi, quasi ribaltandosi quando si ricordò che le mancava un arto. Ritrovò l’equilibrio
appoggiandosi al bancone con entrambe le mani e riuscì a esibirsi in un goffo inchino. Il display oculare
sparì dalla sua vista.
— Vostra Altezza — balbettò, a testa bassa, felice che lui non potesse notare la sua caviglia mozza
nascosta dietro la tovaglia.
Il principe trasalì e si gettò un’occhiata alle spalle prima di chinarsi verso di lei. — Forse, ehm… — si
mise un dito sulle labbra — a proposito di quel “Vostra Altezza”?
Spalancando gli occhi, Cinder si costrinse a un cenno tremante. — Va bene. Certo. Come… posso…
siete… — Deglutì, le parole che si appiccicavano come gelatina al suo palato.
— Sto cercando un certo Lihn Cinder — disse il principe. — È qui in giro?
Cinder osò sollevare dal bancone una delle mani con cui si sorreggeva, usandola per rimboccarsi bene
sul polso l’orlo del guanto. Fissando il principe, balbettò — I-io sono Lihn Cinder.
I suoi occhi seguirono la mano di lui, mentre questa andava a posarsi sulla testa bulbosa dell’androide.
— Tu sei Lihn Cinder?
— Sì, Vostra Alt… — Si morse le labbra.
— Il meccanico?
Lei annuì. — Come posso aiutarvi?
Invece di rispondere, il principe si chinò, piegando il collo così tanto che lei non ebbe altra scelta che
guardarlo negli occhi, e le sorrise. Il suo cuore fece un balzo.
Il principe si raddrizzò, costringendola a seguirlo con lo sguardo.
— Non sei esattamente come mi aspettavo.
— Be’, anche voi non siete proprio… come io… ehm.
Incapace di sostenere il suo sguardo, Cinder afferrò l’androide e lo tirò verso di sé. — Quale pensate
che sia il problema di questo androide, Vostra Altezza?
L’androide sembrava appena uscito dalla catena di montaggio, ma Cinder poteva indovinare dalle
forme fintamente femminili che si trattava di un modello superato. L’aspetto era raffinato, nonostante la
testa sferica posta in cima a un tronco dalla forma a pera e la rifinitura bianca e lucida.
— Non riesco più ad accenderla — rispose il Principe Kai, guardando Cinder mentre lei esaminava il
robot. — Il giorno prima funzionava normalmente e quello dopo, niente.
Cinder girò l’androide in modo che il sensore luminoso fosse rivolto verso il principe. Era contenta di
avere le mani indaffarate in movimenti familiari e la bocca impegnata in domande di routine, qualcosa
su cui concentrarsi, così non si sarebbe agitata e non avrebbe perso di nuovo il controllo della propria
connessione mentale. — Vi aveva mai dato problemi?
— No. Viene controllata mensilmente dai meccanici di corte, è la prima volta che ha qualcosa di serio.
Sporgendosi in avanti, il Principe Kai prese il piccolo piede metallico di Cinder dal bancone,
rigirandoselo con curiosità tra le mani. Cinder si irrigidì, guardandolo mentre lui osservava la cavità
piena di fili elettrici, giocherellando con le giunture flessibili delle dita. Usò la manica troppo lunga della
sua felpa per rimuovere una macchia.
— Non avete caldo? — chiese Cinder, pentendosi istantaneamente della domanda quando la sua
attenzione si focalizzò di nuovo su di lei.
Per un brevissimo istante, il principe sembrò imbarazzato. — Sto morendo — disse — ma vorrei
cercare di non dare nell’occhio.
Cinder considerò l’idea di dirgli che non stava funzionando, ma poi ci ripensò. L’assenza di una
schiera di ragazzine urlanti intorno alla sua bancarella era probabilmente la prova che stava funzionando
eccome. Invece di sembrare di nobile estrazione, sembrava semplicemente pazzo.
Schiarendosi la gola, Cinder tornò a concentrarsi a dovere sull’androide. Trovò una serratura quasi
invisibile e aprì il pannello posteriore. —
Perché non l’avete fatta riparare dai meccanici reali?
— Hanno provato, ma non ci hanno capito niente. Qualcuno mi ha consigliato di venire da te. —
Rimise giù il piede e spostò il suo interesse sulle mensole colme di pezzi vecchi e ammaccati: parti di
androidi, libranti, mediaschermi, schermi portatili. Parti di cyborg. — Dicono che tu sia il miglior
meccanico di Nuova Pechino. Mi aspettavo un anziano signore.
— Dicono così?
Non era il primo a mostrarsi sorpreso. La maggior parte dei suoi clienti non riusciva a comprendere
come un’adolescente potesse essere il miglior meccanico della città, e lei non aveva mai rivelato il
motivo del suo talento. Meno persone sapevano che era un cyborg, meglio sarebbe stato…
Era sicura che sarebbe impazzita se tutti i negozianti del mercato l’avessero guardata con lo stesso
sdegno di Chang Sacha.
Scostò alcuni dei cavi dell’androide con il mignolo. — A volte si esauriscono e basta. Forse è tempo di
passare a un nuovo modello.
— Temo di non poterlo fare. Lei contiene delle informazioni top-secret. È una questione di sicurezza
nazionale che io possa recuperarle… prima che lo faccia qualcun altro.
Le dita di Cinder si bloccarono, mentre lei alzava gli occhi.
Lui sostenne il suo sguardo per almeno tre secondi, prima che le sue labbra si increspassero. — Sto
scherzando. Nainsi è stata il mio primo androide. È una questione sentimentale.
Una luce arancione lampeggiò all’estremità del campo visivo di Cinder. I suoi sensori optobionici
avevano rilevato qualcosa, anche se lei non se n’era accorta: un’esitazione, un battito di ciglia troppo
rapido, una contrazione nella mandibola del principe.
Era abituata a quella lucina arancione. Compariva sempre.
Indicava che qualcuno stava mentendo.
— Sicurezza nazionale — ripeté. — Divertente.
Il principe inclinò la testa, come sfidandola a contraddirlo. Una ciocca di capelli neri gli cadde sugli
occhi. Cinder guardò altrove.
— Modello Tutor 8.6 — disse, leggendo lo schermo debolmente illuminato all’interno del cranio di
plastica. L’androide aveva quasi vent’anni.
Vecchio, per essere un androide. — Sembra in ottime condizioni.
Sollevò il pugno e colpì forte l’androide sul lato della testa, afferrandolo al volo prima che cascasse dal
bancone. Il principe fece un salto.
Cinder risistemò l’androide sui suoi supporti e pigiò il bottone dell’accensione, ma non successe
niente. — Sareste sorpreso di sapere quante volte funziona.
Il principe fece una risatina imbarazzata. — Sei sicura di essere Lihn Cinder? Il meccanico?
— Cinder! Ce l’ho! — Iko schizzò fuori dalla folla fino al bancone, con il sensore blu lampeggiante.
Allungando una mano biforcuta, sbatté un piede d’acciaio nuovo di pacca sul ripiano, proprio accanto
all’androide del principe. — È un bel miglioramento rispetto a quello vecchio, usato pochissimo, e i cavi
sembrano compatibili. E in più sono riuscita ad abbassare la richiesta a 600 univ.
Cinder fu attraversata da un’ondata di panico. Ancora in equilibrio sulla sua gamba umana, afferrò il
piede dal tavolo e se lo lanciò alle spalle. —
Ottimo lavoro, Iko. Nguyen-shifu sarà felicissimo di avere un piede di ricambio per la sua escortdroide.
Il sensore di Iko si affievolì. — Nguyen-shifu? Non elaboro.
Sorridendo a denti stretti, Cinder indicò il principe. — Iko, per favore, rendi omaggio al nostro
cliente. — Abbassò la voce. — Sua Altezza Imperiale.
Iko allungò il collo, orientando il sensore rotondo verso il principe, che la superava di quasi un metro
in statura. La luce brillò più intensa mentre il suo scanner lo riconosceva. — Principe Kai — disse, la
voce metallica ridotta a uno squittio. — Di persona siete ancora più affascinante.
Lo stomaco di Cinder si strinse per l’imbarazzo, anche se il principe rideva.
— Basta così, Iko. Torna dentro.
Iko obbedì, scostando la tovaglia e infilandosi sotto il bancone.
— Non ne incontri una così tutti i giorni — commentò il Principe Kai appoggiandosi contro lo
stipite della bancarella, come se lui portasse androidi al mercato in continuazione. — L’hai
programmata tu?
— Che ci crediate o no, è arrivata così. Sospetto abbia un errore nella programmazione, ecco perché
la mia matrigna l’ha avuta per così poco.
— Non ho un errore nella programmazione! — protestò Iko, alle sue spalle.
Cinder incontrò lo sguardo del principe, fu colta per un attimo di sorpresa da un’altra risatina e
nascose la testa dietro l’androide rotto.
— Quindi cosa ne pensi? — le chiese lui.
— Devo fare una diagnosi. Mi ci vorrà qualche giorno, forse una settimana. — Sistemandosi una
ciocca di capelli dietro l’orecchio, Cinder si sedette, grata di poter dare un po’ di tregua alla sua gamba
mentre esaminava l’interno dell’androide. Sapeva che stava probabilmente infrangendo qualche regola
del galateo, ma al principe non sembrava dispiacere mentre si sporgeva in avanti, osservandole le mani.
— Vuoi essere pagata in anticipo?
Alzò il polso sinistro verso di lei, con il chip identificativo bene in vista, ma Cinder agitò la mano
guantata. — No, grazie. Sarà un onore.
Il Principe Kai sembrò sul punto di protestare ma poi lasciò cadere la mano. — Suppongo che non ci
siano speranze di averla sistemata prima della festa?
Cinder richiuse lo schermo dell’androide. — Non penso che sarebbe un problema. Ma senza sapere
cos’ha che non va…
— Lo so, lo so. — Lui si dondolò sui talloni. — Era solo una speranza.
— Come farò a contattarvi quando sarà pronta?
— Manda un mess a palazzo. O sarai ancora qui il prossimo weekend? Potrei passare.
— Oh, sì! — rispose Iko dal retro della bancarella. — Siamo qui ogni giorno di mercato. Dovreste
ripassare. Sarebbe davvero fantastico.
Cinder fece una smorfia. — Non dovete…
— Sarà un piacere. — Chinò la testa in un congedo educato, allo stesso tempo tirandosi su il
cappuccio. Cinder restituì il cenno, sapendo che avrebbe dovuto alzarsi in piedi e inchinarsi, ma non
osando sfidare il proprio equilibrio una seconda volta.
Aspettò che la sua ombra sparisse dalla sommità del bancone prima di esaminare bene la piazza. La
presenza del principe tra la folla brulicante non sembrava essere stata notata. Cinder permise allora ai
suoi muscoli di rilassarsi.
Iko rotolò al suo fianco, stringendosi le tenaglie metalliche al petto. — Il Principe Kai! Controllami le
ventole, sento che mi sto surriscaldando.
Cinder si chinò e raccolse il piede di ricambio, ripulendolo sui pantaloni. Controllò la placcatura,
contenta di non averla ammaccata.
— Riesci a immaginare la faccia di Peony quando lo saprà? — continuò Iko.
— Riesco a immaginare una serie di gridolini ultrasonici. — Cinder azzardò un’altra timida occhiata
alla folla prima che la sensazione di vertigine si facesse strada dentro di lei. Non vedeva l’ora di dirlo a
Peony. Il principe in carne e ossa! Le sfuggì una risata improvvisa. Era troppo strano.
Era incredibile. Era…
— Oh, cara.
Il sorriso di Cinder svanì. — Cosa?
Iko le indicò la fronte con il dito biforcuto. — Hai una macchia di grasso.
Cinder si tirò indietro e si sfregò la fronte. — Stai scherzando.
— Sono sicura che non se n’è neanche accorto.
Cinder lasciò cadere la mano. — Che importanza ha? Dai, aiutami a mettermi questo prima che
qualche altro nobile passi di qui. — Appoggiò la caviglia sulla gamba opposta e iniziò a unire i cavi
secondo il colore, chiedendosi se fosse riuscita a ingannare il principe.
— Calza a pennello, no? — disse Iko, tenendo una manciata di viti mentre Cinder le avvitava nei fori
previsti.
— È molto carino, Iko, grazie. Spero solo che Adri non lo noti. Mi ucciderebbe se dovesse scoprire
che ho speso 600 univ per un piede. — Strinse l’ultima vite e stirò la gamba, ruotando la caviglia avanti
e indietro e agitando le dita. Il piede era un po’ indolenzito e i sensori nervosi avrebbero richiesto
qualche giorno per sintonizzarsi con i nuovi cavi, ma almeno non avrebbe più zoppicato.
— È perfetto — disse, infilandosi lo stivale. Notò che Iko teneva il suo vecchio piede tra le tenaglie.
— Puoi buttare via quel rottam…
Un urlo le riempì le orecchie. Trasalì, mentre il suono perforava il suo sistema audio, e si girò verso la
fonte. Sul mercato scese il silenzio. I bambini, che si erano messi a giocare a nascondino tra le
bancarelle affollate, fecero capolino dai loro nascondigli.
L’urlo arrivava dalla panettiera, Chang Sacha. Perplessa, Cinder si alzò e si arrampicò sulla sedia per
guardare oltre la folla. Vide Sacha nella sua bancarella, dietro alla vetrina piena di panini dolci e
focaccine di maiale, che si fissava le mani tese.
Cinder si portò una mano al volto nello stesso momento in cui la consapevolezza iniziava a
serpeggiare nella piazza.
— La peste! — urlò qualcuno. — Ha la peste!
Nella strada esplose il panico.
Le madri radunarono i propri figli, coprendosi disperatamente il viso con le mani mentre si
allontanavano in fretta dalla bancarella di Sacha. I negozianti chiusero di scatto le porte scorrevoli.
Sunto urlò e corse verso la madre, ma lei allungò le mani per non farlo avvicinare. No, no, stai
indietro. Una vicina negoziante afferrò il ragazzino, tenendolo sottobraccio mentre correva via. Sacha
gli urlò qualcosa, ma le parole andarono perse nel tumulto.
Cinder aveva lo stomaco sottosopra. Non potevano scappare, Iko sarebbe stata calpestata dalla folla.
Trattenendo il fiato, afferrò la corda all’angolo della bancarella e abbassò la saracinesca. L’oscurità le
avvolse, a eccezione di una sottile lama di luce sul pavimento. Il calore che si sollevava dal pavimento di
cemento le soffocava nello spazio angusto.
— Cinder? — disse Iko, la voce robotica preoccupata. Accese il suo sensore, inondando la bancarella
di luce blu.
— Non preoccuparti — rispose Cinder, scendendo dalla sedia e afferrando lo straccio sporco di
grasso dal tavolo. Le urla si stavano già spegnendo, trasformando la bancarella in un mondo a parte. —
È dalla parte opposta della piazza, qui siamo al sicuro. — Ma scivolò comunque verso la parete più
lontana, coprendosi naso e bocca con lo straccio.
Aspettarono lì, Cinder respirando il meno possibile, finché non udirono le sirene del librante di
emergenza che arrivava a portar via Sacha.
L'AUTRICE
Marissa Meyer

LA SERIE
1. Cinder, cronache lunari
2. Scarlett
3. Cress
4. Winter
Sembra interessante :)
RispondiEliminaIo sono sempre alla ricerca di nuove serie da leggere,magari ci farò un pensierino :)
Questo serie me l'hanno consigliata in molte. E solo ora mi sono decisa ad iniziarla :) Anche io adoro le serie e sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo. Spero di aver fatto centro con questa, e di non rimanerne delusa :)
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